Ho trascorso delle giornate meravigliose e la mia impressione più forte, è stata vedere come queste belle persone interagivano fra loro. Era un’atmosfera giocosa e calda e sono stata accolta con generosità. Penso che questa sia la migliore base per apprendere: divertirsi e sentirsi sempre benvenuti.
Ho avuto anche l’opportunità di frequentare alcune lezioni e di assistere ad altre lezioni ed agli esami. Ho sperimentato lo stesso calore sul tatami. Ognuno cercava di aiutare gli altri. C’era tuttavia una grande differenza nello stile.
Lo stile che pratico, e che mi è stato insegnato, è più definito e “duro”. Quando noi attacchiamo come uke, attacchiamo a fondo. La maggior parte degli aikidoka a Nizza accennavano i loro attacchi e trattenevano le loro energie. Questo rende difficile per il tori usare l’energia dell’attaccante e imparare come eseguire la tecnica nel modo giusto.
Diventa ancora più difficile quando l’uke è “gentile” e cade giù da solo. Il tori non ha mai l’opportunità di capire se eseguire la tecnica nel modo giusto o sbagliato. Può solo copiare, in un certo senso. Ho notato anche che alcuni sul tatami non abbassavano mai le anche, in altre parole non piegavano le ginocchia un po’, per muoversi più liberamente.
Per me l’aikido ha molto a che fare con I movimenti delle anche, perché il centro del tuo corpo è appena sotto l’ombelico. Invece loro tenevano le gambe dritte e piegavano il busto. Non hai un corretto equilibrio in questa posizione e il taisabaki diventa inutilmente difficile.
Un’altra grande differenza che mi ha fatto riflettere, era che molti aikidoka sembravano avere dei “pesci morti” al posto delle mani. Mi è stato insegnato di divaricare le dita e di focalizzarmi sull’energia dal mio centro, liberarla da lì e lasciarla uscire dalle mani e dalle dita. POW! E’ difficile ed io sto ancora cercando di sviluppare questa capacità. I sensei e gli altri sempai avevano sicuramente dei “pesci morti” nelle mani, eppure erano concentrati e stabili ed in pieno controllo delle loro energie. Ma noialtri non potevamo imparare niente, solo copiare. Dovevamo cercare la nostra strada e tenerci in contatto con il nostro centro e sviluppare il nostro modo di usare le energie.
Tuttavia, molto era simile allo stile che ho praticato con Tomita sensei. Mi sono sempre sentita viziata per avere avuto un così bravo sensei (e adesso sto praticando con un sensei svedese molto bravo che segue lo stile di Tomita sensei) ma al corso tutti i sensei mi sembravano di altissima qualità e spero di seguire altri corsi e di ampliare le mie abilità nell’aikido. Una cosa è sicura, alla fine. Verrò a Trieste per visitare Sandro e vedere i miei nuovi amici e divertirmi con loro e con l’Aikido.
— Monica