Il nome
L’esercizio che vogliamo trattare fa parte dì una serie «classica» di movimenti da soli (tandoku dosa) eseguiti in apertura di lezione, e generalmente è preceduto e/o seguito da esercizi di respirazione (kokyudosa). Il nome per esteso è Ame – no – Tori – Fune. La parola «Tori» significa «uccello», mentre «fune» indica la «barca»; infine «Ame» è il cielo: è la «barca celeste veloce come un uccello».
Si tratta del nome di un dio della mitologia shintoista; quel dio che, in un famoso episodio narrato nel Kojiki, accompagna il dio guerriero Takemikazuchi, ambasciatore degli dei celesti, a contrattare la cessione del governo della terra da parte degli dei terrestri.
Il nome dell’esercizio rispecchia tanto il significato profondo, quanto l’apparenza esteriore del movimento, che ricorda quello di un vogatore in piedi su una barca, come si vedrà nel seguito. Pertanto, un altro nome con cui frequentemente si indica il torifune è funakogi undo, appunto «esercizio del vogatore».
La pratica
La sommaria descrizione che ci accingiamo a presentare al lettore si basa sulle conoscenze di numerosi insegnanti che furono allievi diretti del Fondatore, Morihei Ueshiba. Va ricordato che, oltre al loro insegnamento sul tatami ed alle spiegazioni riportate nei vari testi sull’Arte, è disponibile una documentazione filmata che riprende O’Sensei stesso nell’esecuzione di questi movimenti, durante una normale lezione di Aikido.
Il torifune consta di tre serie di ripetizioni del medesimo movimento. Queste vengono alternate con la pratica di un altro esercizio, detto furitama, «scuotimento dell’anima». In un certo senso, è l’insieme di torifune e furitama a costituire una pratica completa, in quanto i due esercizi sono per molti versi opposti e complementari (il furitama sarà oggetto di futura esplicazione).
Le tre ripetizioni sono diverse tra loro: dalla posizione shizentai (frontale eretta, i piedi divaricati della larghezza delle spalle) si inizia una serie portandosi in hidari hanmi (guardia sinistra). Dopo l’interruzione e l’esecuzione del furitama ci si porta in migi hanmi (guardia destra) e si esegue un’altra serie, fino all’intervallo per un altro furitama. Infine, si assume ancora hidari hanmi per l’ultima serie. Un’ulteriore esecuzione del furitama concluderà questa parte dei tandoku dosa.
Come si vede, si tratta di una pratica volutamente asimmetrica, il che conduce a pensare che vi siano livelli di significato ben più profondi della semplice esecuzione «ginnica», che al massimo ne richiederebbe un paio. Ma non è tutto: le tre serie differiscono anche per la velocità con cui si esegue il movimento, che è lento nella prima serie, poi più veloce e infine molto rapido nell’ultima serie. Queste tre velocità sono dette jo (introduzione), ha (rottura) e kyu (veloce). Si tratta di tre ritmi fondamentali, che si ritrovano in altre espressioni tradizionali, come la musica, la recitazione delle preghiere, il teatro No.
Il movimento
Diciamo prima di tutto che il torifune è sostanzialmente fondato su un moto di andata e ritorno dell’anca, avanti e indietro, a piedi fermi sul posto. Come abbiamo detto si inizia con lo hanmi sinistro. Mentre si assume questa posizione portando avanti l’anca ed il piede sinistro, le braccia vengono proiettate in avanti, distese e leggermente convergenti, le mani chiuse a pugno. Quest’azione è accompagnata da una leggera flessione del busto. Da qui si richiamano le braccia ai fianchi, ritirando l’anca all’indietro, continuando per numerose ripetizioni a velocità costante.
Durante il movimento le gambe si distendono alternativamente , spostando il peso del corpo sul piede avanzato e su quello arretrato, e mantenendo pressoché costante l’altezza del seika tanden dal suolo. Finita la serie ed eseguito il furitama si ripete il tutto a destra, poi nuovamente a sinistra.
Il movimento va accompagnato dal Kiai: nella prima serie si grida “Ei” distendendo le braccia e “Ho” richiamandole; il ritmo è molto netto ed i due suoni ben distinti.
Nella seconda serie più rapida, i suoni sono rispettivamente «Ei» e «Sa»; il ritmo si fa più fluido e tra i suoni emessi c’è maggior continuità. Nell’ultima serie molto rapida, si grida «Ei» sia all’andata sia al ritorno; il ritmo è tale da fondere tra loro le due fasi ed i suoni in una vibrazione continua.
Una buona esecuzione richiede attenzione alla coordinazione motoria e respiratoria. Il ritmo deve essere uguale a quello di chi propone la pratica. In caso contrario la confusione che ne deriva vanifica, almeno in parte, lo scopo del torifune. Questo può essere descritto come l’attivazione dinamica dell’energia risvegliata dalla pratica della respirazione (kokyu), attraverso gradi di vibrazione distinti. Questa attivazione viene ordinata a partire dal centro, il seika tanden, sul quale va posta la massima concentrazione.
Torifune permette di passare in modo efficace e controllato da uno stato contemplativo ad uno più dinamico, «scaldando» il Ki e disponendolo al meglio per la pratica delle tecniche.
Ottima descrizione, complimenti.