Parlare di Aikido è per me come parlare di un percorso di illuminazione, inteso come percorso di liberazione dall’Ego e dai suoi limiti: è quindi con estremo rispetto che cercavo la strada giusta per approcciare l’argomento senza rischiare troppo di cadere nella superficialità o nella supponenza, anche in ragione del mio limitato periodo di pratica (1 anno appena finito).
Ho scelto l’Aikido perché volevo lavorare sull’aggressività, la rabbia che sento dentro quando le cose non vanno come vorrei, quando non sono come dovrebbero essere secondo me: quando pratico, il Maestro mi scopre sempre dicendomi “Ecco il lupo!”.
10 anni fa smisi mio malgrado di praticare sport da combattimento: amavo l’adrenalina e il senso di forza che la competizione mi dava. Poi sono passato al Tai Chi, poi allo Yoga, al Rebirthing, allo studio di tecniche simili all’esicasmo, e per anni ho pensato a fare Aikido, che mi era stato presentato come una delle ultime discipline con ancora elementi capaci di lavorare anche sul piano spirituale.
Un saggio disse una volta che l’Ego si nutre di conflitto: in effetti ero stanco della rigidità del mio, di Ego, del mio bisogno di competere, di sentirmi forte, di vincere: ore e ore passate a affinare tecniche per sentirmi forte, ma per chi? Per che cosa?
Alla fine il mio nemico principale non sarebbe mai stato l’avversario su un ring, o il passante della strada che forse mi avrebbe minacciato: il nemico vero per me ero io che invece di crescere e espandere la mia capacità di percepire e muovermi con grazia nel mondo mi indurivo nel corpo e nell’anima.
L’Aikido era quindi la mia via per andare a recuperare quella grazia e quella elasticità che mi sono accorto che mi mancavano nella vita di tutti i giorni: stare davanti all’energia della rabbia e dell’aggressività senza inutili urli, senza inutili movimenti, senza inutili agitazioni, senza intenzioni malevole verso l’avversario (che infatti viene definito compagni di pratica), è una forma elevata di meditazione.
Freud diceva che Sesso e Aggressività sono le forze più potenti in un essere umano e la loro giustidicazione come la loro repressione per Krishnamurti distruggono: ciò che quindi ci permette di gestire queste energie è importante, fondamentale per una buona qualità di vita individuale e sociale.
Nell’Aikido è possibile lavorare appunto sulla rabbia perché c’è il contatto fisico e l’azione, ma lo studio dei movimenti è accompagnato da un attento studio dell’atteggiamento: perfetto per chi come me ha scelto di lavorare sulla mente e sull’anima ogni giorno per vincere la natura inferiore che costantemente preme per emergere libera e incontrollata.
Omraam Mikhaël Aïvanhov diceva che il male è più forte del bene per cui è inutile combatterlo: bisogna usarlo per il bene, come l’innesto usa il vigore del portainnesto per dare quei frutti e quei fiori che si desiderano. L’Aikido per me ha la stessa azione: parte dalla natura grezza per ottenere qualcosa di più raffinato.
Nella pratica si può puntare a fare molto male, ma non è importante questo come dal punto di vista spirituale vita e morte non sono che stati diversi dello stesso elemento, la coscienza. Come diceva il prof. Suzuki nel suo libretto sullo zen e l’arte della spada, la lotta diventa una espressione impersonale, non frutto dell’odio o della rabbia; anzi meglio, diventa una espressione trans-personale, in cui energie diverse si incontrano: perde chi perde per primo il contatto con questo gioco di energie. In termini psicologici mi verrebbe da dire che perde chi per primo si fa vincere dalla paura.
Gerald Jampolsky – ma potrei citare molti altri filosofi – diceva che nella vita ci sono due forze: quelle della paura e quelle dell’amore. Dove c’è una non c’è l’altra, o meglio, nella misura in cui non c’è una non c’è l’altra. Spesso usiamo la rabbia quando abbiamo paura: l’Aikido è quindi anche un modo per imparare ad andare oltre la rabbia, e poi ancora oltre, oltre la paura che la alimenta, e poi ancora oltre…
La migliore definizione dell’amore che abbia mai letto è quella di Krishnamurti: diceva che l’amore è attenzione. Più attenzione hai per qualcosa o per qualcuno più questo esprime e genera amore… In effetti, Aikido è anche estrema attenzione – e lo bene quando un severo richiamo mi ricorda che devo stare in quello che sto facendo e non viaggiare con la testa…
Ecco quindi perché pratico Aikido: per andare oltre, oltre me stesso, oltre la mia rabbia, oltre la mia paura, oltre la mia mancanza di attenzione per il mondo: il resto – avversari e tecniche -, sono importanti stampelle per accedere a porte che altrimenti ora non saprei come aprire…
(dott. Alessandro D’Orlando, http://www.laforzadellessenza.blogspot.com/)
caro alessandro,un breve pensiero il tuo. ma profondo come mai ho letto. verità santa, potrei definirla. sei su il carro giusto. ti porterà lontano. non perdere mai la lampadina che ti fa strada nella notte. che bello leggere emozioni.Fede.
Grazie Federico,
mi fa molto piacere leggere le tue parole.
Un caro saluto.
Alessandro